Il 4° Rapporto su "I diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia" Il Gruppo di lavoro sulla Convenzione ONU sui Diritti dell'infanzia del Coordinamento PI.DI.DA. (composto da 73 organizzazioni e associazioni) ha presentato il 26 maggio scorso un rapporto che racconta la condizione dei minori nel nostro paese e il grado di rispetto della Convenzione.
La situazione che ne emerge non è certamente delle più rosee: al contrario di ciò che si può pensare, in Italia non tutti i bambini vedono rispettati i propri diritti fondamentali.
I bambini e gli adolescenti residenti in Italia al primo gennaio 2007 erano 10.089.141, di cui 666.393 di origine straniera.
Un dato allarmante è che il 24% dei minori italiani , quasi uno su quattro, è esposto a rischio di povertà .
Questa percentuale sale al 35% se si considerano i minori che vivono in famiglie numerose e raggiunge il 40% nel caso di minori che vivono in famiglie monoparentali.
Altra preoccupazione arriva dal mondo della scuola: sono circa 900.000 i giovani che abbandonano prematuramente gli studi.
Per quanto riguarda il mondo dello sport e del tempo libero emergono forti preoccupazioni legate all'utilizzo di doping, anche tra gli sportivi minorenni.
Esistono poi delle aree in cui il mancato rispetto del diritto si traduce nel più terribile degli abusi.
La prostituzione minorile straniera maschile e femminile coinvolge minori provenienti soprattutto dalla Romania, dall'Albania, dalla Moldova e dalla Nigeria , molti delle quali sono vittime di tratta.
La pedo-pornografia on line continua ad essere un fenomeno in espansione, nonostante la maggiore consapevolezza dei giovani utenti del web e l'impegno delle istituzioni e delle forze di polizia, sia a livello nazionale che internazionale.
In Italia, su 393 minori presenti negli Istituti Penali Minorili a giugno 2007, 341 erano detenuti in misura cautelare e 52 in espiazione pena.
La maggior parte dei minori detenuti in carcere sono bambini stranieri ma non mancano minori italiani provenienti da famiglie con difficoltà economiche e con un basso livello di istruzione e di inserimento sociale. Si nota quindi un eccessivo ricorso alla detenzione cautelare in carcere e una evidente disparità di trattamento in palese violazione del principio di non discriminazione, sancito dall'art. 2 della CRC.